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PIERMATTEO D'AMELIA
AMBASCIATORE DELLA BELLEZZA ITALIANA:
LA RIVINCITA DEL
VALORE GLOBALE SUL DISINTERESSE LOCALE
di Saverio Ricci*
L'illustre artista quattrocentesco Piermatteo
di Manfredo, nativo di Amelia, celebrato (o meglio sacrificato a mo' di capro
espiatorio) da una mostra (mal)organizzata al CAOS di Terni tra 2009 e 2010 (a
cui si aggiungeva una microscopica appendice nel museo della sua città natale)
si è preso finalmente la sua rivincita.
Rivincita sull'incapacità di stampa e opinion
leader di sottolineare in maniera efficiente ed efficace l'importanza di
quell'appuntamento storico per Terni, rivincita su alcuni errori -non tanto
accademici bensì di comunicazione- commessi dal comitato scientifico nella
selezione delle opere richieste in prestito, rivincita sulla superficialità
della campagna promozionale impostata dall'azienda incaricata,
sull'incompetenza di molti, addetti ai lavori e non, che davano per scontati
ottimi risultati senza bisogno di far nulla per promuovere la conoscenza del
territorio, sul disinteresse di una parte cospicua della élite culturale
cittadina che dimostrò di essere poco avvezza e fieramente contraria per varie
motivazioni (ideologiche?) a operazioni culturali di valorizzazione del
patrimonio artistico locale. Rivincita, insomma, su tutto ciò che concorse a
far registrare uno scarsissimo successo di affluenza (circa 7.000 visitatori in
poco meno di cinque mesi) ed in particolare una rattristante, gelida,
indifferenza del pubblico ternano.
Forse, tuttavia, fu proprio a causa di quella
chance malamente sprecata, o chissà per merito della pubblicazione curata da
chi scrive (Piermatteo d'Amelia e il Rinascimento. Itinerari in Umbria,
Silvana Editoriale), una breve guida storico-artistica che aveva il pregio di
costare molto meno rispetto all'esoso catalogo e soprattutto di avere
un'illustrazione a colori dell'opera di mano del pittore conservata ad Amelia
(mentre nel catalogo era in bianco e nero), in ogni caso le premesse per tale
rivincita odierna furono comunque gettate in quel preciso momento.
L'opera in questione, di proprietà delle
collezioni comunali di Amelia, una tempera su tavola di cm. 178 x 100
raffigurante Antonio Abate, santo protettore degli animali domestici (ragion
per cui anche nel dipinto amerino è raffigurato ai piedi del santo eremita un
porcellino), parteciperà infatti quest'estate a una sensazionale esposizione
itinerante intitolata “Obras Primas do Renascimento Italiano”, che riunirà per
la prima volta assoluta nel continente sud-americano oltre 50 capolavori di pittura
rinascimentale italiana di fama planetaria.
Il nostro genius loci, ambasciatore del
Bello, dell'Arte, del Genio italiano, sarà pertanto ammirato dai brasiliani e
dai turisti che sempre di più affollano le città del Brasile: quest'anno in
concomitanza con l'esposizione ci saranno peraltro le Giornate Mondiali della
Gioventù a Rio de Janeiro che, complice l'elezione del papa argentino dal nome
umbro, porteranno in Brasile folle oceaniche da tutto il continente
latino-americano.
Per queste folle sarà
possibile ammirare Piermatteo d'Amelia a fianco di Beato Angelico, Botticelli,
Raffaello, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Giorgione, Tiziano e Tintoretto, le
cui opere sono state prestate dai più importanti musei italiani. Si va dalle
Gallerie dell'Accademia di Venezia agli Uffizi di Firenze, dalla Galleria
Borghese di Roma al Museo di Capodimonte a Napoli passando inoltre per Milano,
Verona, Urbino, Bologna, Modena, Pisa, Ferrara, Perugia e non per ultima
Amelia: scelte in base al loro indice di rappresentatività delle aree
territoriali in cui era divisa l’Italia del tempo.
La mostra avrà luogo dal 13 Luglio al 25
Settembre nel Centro Cultural Banco do Brasil, nel cuore di São Paulo, quindi il Sant'Antonio Abate si trasferirà nella capitale, a
Brasilia, dove rimarrà esposto da ottobre fino a gennaio 2014.
Il dipinto, assicurato per la notevole cifra di
tre milioni di Euro, fu realizzato nel 1475 dal giovane Piermatteo, di ritorno
in Umbria da Firenze, per l'altare della chiesa annessa al convento dei
francescani osservanti di San Giovanni, appena fuori dalle mura di Amelia, alle
cui spese per la realizzazione e l'ornamento dell'altar maggiore avevano
contribuito finanziariamente esponenti delle più influenti casate
aristocratiche amerine, in particolar modo i Venturelli, proprietari di un
raffinato palazzo con un sontuoso salone da ballo tuttora esistente, e i
Geraldini, di cui il personaggio di maggior spicco è monsignor Alessandro,
religioso e umanista, che morì nel 1525 a Santo Domingo in qualità di primo Vescovo
della Chiesa d'America, ragion per cui il nome del continente America fu scelto
secondo alcuni come omaggio al Geraldini -grande sostenitore presso Isabella di
Castiglia della spedizione di Colombo per il Nuovo Mondo- e alla sua città
natale, Ameria.
Pressappoco nello stesso intervallo e per gli
stessi committenti (i frati francescani, ma quelli del convento
dell'Annunziata, sulla strada che da Amelia va a Giove), Piermatteo aveva
realizzato uno dei suoi due più grandi capolavori, quell'Annunciazione esposta
nel Gardner Museum di Boston che a Terni non è stato possibile vedere in
mostra, quell'opera senza la quale era lecito dubitare della riuscita di
un'esposizione monografica per di più allestita in un museo nuovo di zecca che
nessuno aveva mai ancora visitato. Di quell'operazione culturale fallimentare,
restano oggi labilissime tracce al CAOS: ci consola però il pensiero che
rimanga in loco, inamovibile per via delle sue dimensioni straordinarie,
l'altro grande, immenso, capolavoro, realizzato da Piermatteo: uno strepitoso
polittico eseguito per la chiesa ternana di San Francesco, ribattezzato
pertanto nei secoli Pala dei francescani, attualmente relegato al primo
piano del Museo d'arte moderna e contemporanea “Aurelio De Felice”, la cui
stoica sopravvivenza al disinteresse locale non inficia il suo eccezionale
valore e la sua potenziale forza attrattiva.
In fin dei conti i ternani sono stati capaci di inventare ed alimentare in maniera costante e reiterata il mito della città operaia, la “Manchester d'Italia”. Ma al giorno d'oggi, quando l'industria è ormai archeologia (in senso letterale), è forse il caso di valutare in modo strategico una riappropriazione di vecchi miti, non perché “antico” significhi sempre e necessariamente “cultura” (il più delle volte si tratta soltanto di tradizioni), ma se non altro perché le nostre antichità sono percepite come testimonianze di grande livello culturale dal resto del mondo. Lo dimostra proprio il viaggio dell'opera di Piermatteo da Amelia al Brasile, simbolico revival del viaggio del vescovo e mecenate Alessandro Geraldini e ormai, purtroppo, lontana eco dell'elevato grado di civiltà che Amelia e Terni seppero raggiungere in epoche passate
* Associazione culturale Naharti
Il limite della mostra ternana fu a mio giudizio la sola esposizione delle opere di un maestro pressochè sconosciuto ai più. L'evento "brasiliano", o altri eventi a noi più vicino come quelli che si svolgono alle Scuderie del Quirinale se trattano di un pittore "minore" lo contestualizzano nell'arte del periodo affiancadolo ai "maggiori", seguaci ecc...dando così al visitatore l'occasione di comprendere completamente l'arte del periodo. Fu il caso della mostra di Giovanni Bellini alle Scuderie del Quirinale che ho potuto visitare di persona. Accanto al maestro veneto erano accostate le opere di riferimento del periodo. Questa è la strada per una diffusione di un "prodotto di nicchia", non è solo un problema di immagine industriale di Terni. I miei saluti
RispondiEliminaIn realtà la mostra ternana esponeva pochissime opere del maestro e molte di artisti coevi, affini, di cui era stato allievo (Filippo Lippi) o con il quale condiviso orientamentei stilistici e qualche appalto in comune, in sostanza dei veri e propri soci d'affari e al tempo stesso concorrenti sul mercato (Perugino, Antoniazzo Romano). Tuttavia è vero che Piermatteo è ancora per i più un nome anonimo: ma l'errore di comunicazione che imputo al comitato scientifico è stato proprio quello. Per rendere più appetibile l'occasione di conoscere un maestro che merita di essere conosciuto almeno quanto Perugino e Pinturicchio e di scoprire un territorio che merita di essere scoperto almeno quanto il comprensorio di Perugia, bisognava fare una mostra più territoriale e meno monografica: era opportuno mettere in mostra le testimonianze più significative, di maggior livello qualitativo, più emblematiche in rappresentanza non solo della carriera e del percorso esistenziale dell'artista, ma di tutta la zona del ternano-narnese-amerino dell'epoca rinascimentale (intendendo con questa definizione, da manuale di storia dell'arte, dal 1401 al 1527). E guardi che sarebbe stata non solo una spettacolare occasione di fare marketing territoriale a cui nessuno avrebbe potuto fare obiezioni, ma avrebbe anche consentito di approfondire da un punto di vista della ricerca accademica, alcuni filoni d'indagine che meritavano di essere approfonditi, e che invece sono risultati completamente trascurati: ad esempio l'influenza della committenza degli Osservanti francescani, causata a mio avviso dalla lunga permanenza di San Bernardino da Siena e radicatasi in un fitto tessuto di insediamenti che è molto caratteristico del territorio e che fu determinante non soltanto per l'affermazione di Piermatteo, ma anche di altri artisti, e pure per la formazione di un gusto e di un clima culturale di cui furono partecipi le famiglie aristocratiche. Il mio articolo, sottotraccia, vuole dare risalto non solo all'artista, ma al territorio di sua provenienza, al milieu culturale che ne ha prodotto la raffinata pittura, alle tradizioni figurative che hanno inciso sul suo immaginario e che era necessario, in qualche modo, illustrare, rappresentare, esporre e comunicare. E' stata un'occasione sprecata di mettere in mostra la cultura del territorio in uno dei suoi periodi di massimo splendore (non l'unico, per fortuna); certo, poi, che non sarebbe stato male, nè per i fruitori locali, nè per attrarre un maggior flusso turistico, vedere in mostra Verrocchio, Botticelli, e magari addirittura Leonardo(e ce ne sarebbe stata ragion d'essere dal punto di vista scientifico, giustificata in maniera legittima senza compiere alcuna forzatura). Concordo quindi con lei sull'esistenza -anche ma non solo- di un problema nell'impostazione della strategia marketing e grossolani errori di comunicazione per il lancio dell'evento, difatti già da me elencati anche se non sviscerati nel dettaglio.
RispondiEliminaMi consenta però di dissentire sulla sua ultima affermazione: esiste, eccome, un problema di immagine industriale di Terni, esiste ed è enormemente sproporzionato, se visto con gli occhi e la percezione che di Terni hanno i turisti veri,(con cui lavoro 365 giorni all'anno), anzichè analizzarlo dal profilo di un addetto al settore come lei.
Ne danno dimostrazione i 340.000 fruitori paganti della Cascata delle Marmore, che di Terni vedono a malapena Viale Brin e i muri di recinzione dell'acciaieria, non curandosi di informarsi, prima di partire, sull'eventualità di poter fare una passeggiata di un'ora nel centro di Terni.
Finchè questo non si affronta con determinazione, non si prende il toro per le corna, cultura e turismo a Terni rimarrano sempre delle attività fortemente depresse.
Cordiali saluti
In realtà la mostra ternana esponeva poche opere del maestro e molte di artisti coevi, affini. Artisti di cui Piermatteo era stato allievo (Filippo Lippi) o con i quali aveva condiviso orientamenti stilistici e alcuni incarichi in comune, in sostanza dei veri e propri soci d'affari e al tempo stesso i maggiori concorrenti sul mercato artistico del tempo (Perugino, Pintoricchio, Antoniazzo Romano). Tuttavia è vero che Piermatteo è ancora per i più un nome anonimo: ma l'errore di comunicazione che imputo al comitato scientifico non è stato quello. Mi spiego meglio: per rendere più appetibile l'occasione di conoscere un maestro che merita di essere conosciuto e di scoprire un territorio che merita di essere scoperto, bisognava pensare ad una mostra di respiro territoriale, non monografica. Era il momento opportuno, anzi propizio, di mettere in mostra le testimonianze più significative, di maggior qualità, emblematiche non solo della biografia di Piermatteo, ma dell'area del ternano-narnese-amerino in epoca rinascimentale (intendendo con questa definizione, da manuale di storia dell'arte, l'epoca che va dal 1401 al 1527). Sarebbe stata non soltanto una spettacolare vetrina di marketing territoriale a cui nessuno avrebbe potuto fare obiezioni, ma per di più un tale approccio avrebbe anche consentito di approfondire alcuni filoni d'indagine che meritavano di essere approfonditi, e che invece sono risultati completamente trascurati: ad esempio l'influenza della committenza degli Osservanti francescani, causata a mio avviso dalla lunga permanenza di San Bernardino da Siena e radicatasi in un fitto tessuto di insediamenti che è molto caratteristico del territorio e che fu determinante non soltanto per l'affermazione di Piermatteo, ma anche di altri artisti, e pure per la formazione di un gusto e di un clima culturale di cui furono partecipi le famiglie aristocratiche. Il mio articolo, sottotraccia, vuole dare risalto non solo all'artista, ma al territorio di sua provenienza, al milieu culturale che ne ha prodotto la raffinata pittura, alle tradizioni figurative che hanno inciso sul suo immaginario e che era necessario, in qualche modo, illustrare, esporre e comunicare. E' stata un'occasione sprecata di mettere in mostra la cultura del territorio in uno dei suoi periodi di massimo splendore (non l'unico, per fortuna); certo, poi, che non sarebbe stato male, nè per i fruitori locali, nè per attrarre un maggior flusso turistico, vedere in mostra Verrocchio, Botticelli, e magari addirittura Leonardo(e ce ne sarebbe stata ragion d'essere dal punto di vista scientifico, giustificata in maniera legittima senza compiere alcuna forzatura). Concordo con lei sull'esistenza -anche ma non solo- di un problema nell'impostazione della strategia marketing e stigmatizzo nuovamente grossolani errori di comunicazione per il lancio dell'evento, difatti da me già adombrati, anche se non sviscerati nel dettaglio.
RispondiEliminaMi consenta però di dissentire sulla sua ultima affermazione: esiste, eccome, un problema di immagine industriale di Terni, esiste ed è enormemente sproporzionato, se visto con gli occhi e la percezione che di Terni hanno i turisti veri(quelli con cui lavoro 365 giorni all'anno), invece che analizzarlo dal profilo di un addetto al settore come lei, che a Terni a vive e di ricerche sulla Terni industriale meritoriamente si è occupato in tempi recentissimi.
Ne danno dimostrazione i 350.000 fruitori paganti -annualmente- della Cascata delle Marmore, che di Terni vedono a malapena Viale Brin e i muri di recinzione dell'acciaieria, senza curarsi minimamente di informarsi, prima di partire, sull'eventualità di poter fare una passeggiata di un'ora nel centro di Terni.
Finchè questo non si affronterà con determinazione, fin tanto che l'elite culturale cittadina non smetterà di sentire complessi di inferiorità rispetto alle città d'arte umbre, cultura e turismo a Terni rimarrano sempre delle attività fortemente depresse.